L'insegnante è Pubblico Ufficiale

20.05.2021
a cura dell'avv. Federica Gessa

Il voto scolastico, secondo la legge, può essere contestato?

La risposta non può che essere affermativa.

Laddove non si concordasse con un giudizio fornito da un docente, infatti, il nostro ordinamento prevede la possibilità, alla presenza di rilevanti motivi di interesse, di impugnare un voto o la pagella innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale entro 60 giorni o presentare ricorso straordinario al capo dello Stato entro 120 giorni.

Tali termini decorrono dalla data di pubblicazione dei risultati degli scrutini e degli esami sull’albo delle istituzioni scolastiche.

Questo è l’unico modo per manifestare il proprio dissenso posto che non è possibile per esempio minacciare un insegnante per condizionare una sua valutazione.

Una recente pronuncia della Cassazione (ordinanza n. 14958/2021) ha stabilito che, se un genitore minaccia un docente per condizionarne il giudizio su un alunno, si dovrà applicare l’art. 336 c.p. il quale prevede che “chiunque usa violenza o minaccia a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, per costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri, o ad omettere un atto dell'ufficio o del servizio, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

La pena è della reclusione fino a tre anni, se il fatto è commesso per costringere alcuna delle persone anzidette a compiere un atto del proprio ufficio o servizio, o per influire, comunque, su di essa”.

Nel caso di specie l’uomo è stato ritenuto responsabile del reato di minaccia pubblico ufficiale, avendo pronunciato una frase minatoria nei confronti di un docente, il cui contenuto rendeva palese ed inequivoca la finalità perseguita, cioè di condizionare la valutazione dell’insegnante sul rendimento scolastico di uno studente, figlio della convivente. Contrariamente all’assunto difensivo, i giudici hanno dato atto dell’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa (docente) e del riscontro offerto dagli altri testimoni, che avevano udito la frase minatoria riportata nell’imputazione, il cui contenuto palesava la finalità preordinata condizionare la valutazione del docente.

Tale pronuncia ribadisce il precedente orientamento giurisprudenziale secondo cui gli insegnanti delle scuole pubbliche sono pubblici ufficiali: la Corte di Cassazione, tra le altre sentenze, con quella del 3 aprile 2014, n. 15367, emanata dalla V Sezione Penale, aveva chiarito che “l’insegnante di scuola media riveste la qualifica di pubblico ufficiale in quanto l’esercizio delle sue funzioni non è circoscritto alla tenuta delle lezioni, ma si estende alle connesse attività preparatorie, contestuali e successive, ivi compresi gli incontri con i genitori degli allievi”.

Analogo discorso vale per i docenti di scuola paritaria, il coordinatore didattico e il gestore.