Il provvedimento di divieto di detenzione di armi è per sempre?

03.05.2024
a cura dell'avv. Fabrizio Ciardi

Nel nostro ordinamento non esistono posizioni di diritto soggettivo con riguardo alla detenzione e al porto d’armi, giacché tali situazioni costituiscono eccezioni al generale divieto di cui all’art. 699 c.p. e all’art. 4 co. 1 della legge 18 aprile 1975 n. 110. L’autorizzazione alla detenzione delle armi deve considerarsi eccezionale e le esigenze di incolumità di tutti i cittadini devono ritenersi prevalenti e prioritarie rispetto all’interesse del privato al rilascio del titolo. La possibilità di autorizzare l’uso di armi da parte dei privati è perciò improntata alla logica della massima cautela e del massimo rigore (T.A.R. Piemonte - Torino, Sez. III, sentenza n. 34 del 18 gennaio 2024 che richiama un principio giurisprudenziale consolidato tra cui Cons. Stato, Sez. III, sentenza n. 65 del 7 gennaio 2020).

In ipotesi di un precedente rilascio di un titolo, l’art. 39 del r.d. 18/06/1931, n. 773 (Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza) attribuisce al Prefetto il potere di «vietare la detenzione delle armi, munizioni e materie esplodenti […] alle persone ritenute capaci di abusarne».

Il presupposto della misura ablativa è la sussistenza di un rischio di un possibile abuso degli armamenti da parte della persona interessata; condizione, dunque, meramente potenziale il cui apprezzamento è rimesso alla valutazione dell’Autorità prefettizia.

Il divieto di cui all’art. 39 TULPS non ha una finalità sanzionatoria e di repressione dei reati, ma una finalità di prevenzione, a tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dello Stato.

In particolare, il divieto mira a prevenire il rischio di abusi e il mero pericolo che la detenzione di armi da parte dei privati possa essere occasione di incauto uso (Cons. Stato, Sez. III, sentenza n. 8368 del 6 dicembre 2019).

Per questa ragione, il giudizio prognostico posto a fondamento del diniego di uso delle armi viene considerato più stringente del giudizio di pericolosità sociale o di responsabilità penale, atteso che il divieto può essere adottato anche in base a situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza (Cons. Stato, Sez. III, sentenza n. 65 del 7 gennaio 2020).

Si tratta di una valutazione ampiamente discrezionale e fondata sulla dichiarata volontà di prevalenza degli interessi pubblici della tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica rispetto all’interesse privato.

Solo una valutazione arbitraria o irrazionale potrebbe portare all’annullamento di tale provvedimento, sfuggendo invece al sindacato di legittimità l’apprezzamento amministrativo relativo alla prognosi di non abuso delle armi da parte del soggetto che ne sia possessore (da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza n. 6508 del 4 luglio 2023.

Tuttavia, costituisce ius receptum quello per cui il divieto ex art. 39 T.U.L.P.S. non possa avere una efficacia sine die, “non rispondendo ad alcun interesse pubblico la protrazione a tempo indeterminato del divieto, laddove sia venuta meno l’attualità del giudizio di pericolosità sociale” (cfr. T.A.R. Lombardia - Milano, Sez. I, sentenza n. 11 del 22.05.2023).

Ne consegue, pertanto, che “…linterpretazione costituzionalmente orientata del sistema normativo deve condurre ad affermare che, a fronte della mancanza di un limite temporale di efficacia del provvedimento, deve riconoscersi in capo al destinatario un interesse giuridicamente protetto ad ottenere, dopo il decorso di un termine ragionevole e in presenza di positive sopravvenienze che abbiano mutato il quadro indiziario posto a base della pregressa valutazione di inaffidabilità, un aggiornamento della propria posizione e, in caso di esito positivo, la revoca dellatto inibitorio” (T.A.R. Trento, sentenza n. 148 del 24 settembre 2021; T.A.R. Toscana, Sez. II, sentenza n. 1273 del 07 novembre 2022 e n. 1143 del 10 ottobre 2022; T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, sentenza n. 84 del 25 gennaio 2022; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, sentenza n. 3394 del 18 maggio 2022; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, sentenza n. 293 del 4 febbraio 2020).

Due sono, quindi, gli elementi che possono consentire un riesame della posizione soggettiva e la revoca amministrativa del divieto di detenzione delle armi:

1.       un lasso di tempo apprezzabile che, normalmente, la giurisprudenza individua in 5 anni (ma ogni caso va trattato singolarmente)

2.   positive sopravvenienze in merito alla situazione soggettiva della persona richiedente la revoca: in altre parole, l’aver mantenuto un comportamento contrario/opposto rispetto a quello oggetto di negativa valutazione e in generale aver dato prova del rispetto delle regole del vivere civile nella sua globalità. Il requisito in parola non deve, quindi, riduttivamente intendersi quale non aver commesso o essere indagato per altri reati.

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Alla luce di quanto sopra, stante l’ampia discrezionalità della Pubblica Amministrazione in materia, ogni situazione deve essere oggetto di attenta analisi in quanto solo le singole circostanze del caso concreto possono far propendere per una prognosi di accoglibilità - o meno - della revoca del divieto di detenzione di armi precedentemente emesso.