Risarcimento danni in caso di caduta accidentale su strada pubblica

31.01.2022
a cura dell'avv. Federica Gessa

A tutti noi sarà successo almeno qualche volta di inciampare per strada, in un tombino troppo sporgente o per la presenza di una buca sul manto stradale; ma nel caso in cui dalla caduta derivassero delle lesioni si può chiedere il risarcimento del danno all’Ente pubblico proprietario della strada?

Quali sono i requisiti necessari?

Ebbene, è possibile procedere con la richiesta di risarcimento danni, ma con delle puntualizzazioni.

In primo luogo il bene in custodia dell’Ente Pubblico (il tombino per esempio) che ha cagionato il danno deve potersi definire una “insidia” o “trabocchetto” ove “l’insidia stradale non è un concetto giuridico, ma un mero stato di fatto, che, per la sua oggettiva invisibilità e per la sua conseguente imprevedibilità, integra una situazione di pericolo occulto” (Cass. Civ., sent. n. 15375/2011).

Il danneggiato dovrà, infatti, dimostrare di essersi trovato di fronte ad una situazione che non era possibile prevedere ne evitare con l'uso dell'ordinaria diligenza essendo pertanto richiesta la presenza di due presupposti congiunti:

  • l'elemento oggettivo della non visibilità del pericolo;
  • l'elemento soggettivo della non prevedibilità dello stesso, secondo le regole della comune diligenza.

In secondo luogo, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte (Cass. Civ, sent. n. 2331/01) nel caso di responsabilità ex art. 2051 c.c., affinché possa ottenersi il risarcimento del danno, la parte danneggiata dovrà provare il nesso causale tra la cosa e l’evento dannoso; in altre parole si dovrà provare che il danno è avvenuto proprio a causa del bene in custodia della Pubblica Amministrazione.

Una volta che sia stata raggiunta tale prova, la colpa dell’Amministrazione si presume.

Quest'ultima, tuttavia, può sgravarsi da responsabilità e non essere tenuta a risarcire il danno alla persona danneggiata dimostrando che l'evento lesivo si è determinato a seguito del verificarsi del c.d. “caso fortuito” ovvero che il sinistro non si è verificato come conseguenza normale della particolare situazione potenzialmente lesiva, ma per una circostanza del tutto estranea ad essa, che può consistere anche nel comportamento colposo del danneggiato, quando questo abbia costituito la causa esclusiva dell’evento dannoso.

La Pubblica Amministrazione dunque può superare la presunzione di colpa dando la prova che la situazione di pericolo è stata provocata dagli utenti o è insorta all'improvviso rendendo impossibile un tempestivo intervento.

Il comportamento colposo del danneggiato, inteso come atteggiamento negligente o imprudente, può essere pertanto tale da interrompere il nesso causale tra la cosa custodita e il danno patito e di conseguenza concorrere con la responsabilità della PA, o talvolta escluderla del tutto in base al c.d. "principio di autoresponsabilità" codificato dall'art. 1227, 1° co., c.c..

Proprio con riferimento al comportamento della vittima, la Corte di Cassazione ha disposto nella sentenza n. 31217/2019 che il cittadino che inciampa, cade e si provoca lesioni a causa di una insidia stradale non ha diritto ad essere risarcito se l’insidia si trova vicino a casa presupponendo in questo caso che la caduta sia dovuta alla disattenzione dello stesso danneggiato, il quale deve conoscere le condizioni della strada che percorre ogni giorno.

Stesso principio viene ribadito nella recente ordinanza della Cassazione n. 2071/2022 ove ha concluso nel senso che il danno è da attribuirsi alla condotta colpevole del danneggiato che avrebbe dovuto avvedersi della buca e di conseguenza evitarla.

Ergo, in questa particolare materia, non è possibile fornire una risposta univoca, dovendo valutarsi attentamente tutte le circostanze in cui si è verificato l'evento.