Come noto, al fine di garantire il rispetto delle misure di contenimento della pandemia da Covid-19, la quasi totalità degli esercizi commerciali di piccole e medie dimensioni si è vista preclusa la possibilità di utilizzare gli immobili locati per l’esercizio della propria attività per tutto il periodo del c.d. lockdown (da marzo a maggio/giugno 2020).
Tuttavia, sin dal decreto Cura Italia (d.l. 18/2020, convertito nella legge n. 27/2020) non è stata concessa al conduttore (impossibilitato, per causa estranea alla propria volontà, ad utilizzare l’immobile locato, ma interessato a mantenerne il possesso anche solo per il deposito delle merci e degli arredi in vista della riapertura) la facoltà di sospendere la propria obbligazione di pagamento del canone in ragione dell’obbligata chiusura delle attività commerciali.
L’unica misura prevista in materia è infatti quella dell’articolo 65 del d.l. 18/2020: un credito di imposta pari al 60% sui canoni di locazione pagati durante il periodo di lockdown.
Sennonché, a fronte di tale vuoto normativo, parte della dottrina ha fin da subito ritenuto che la prestazione del conduttore, pur non venendo totalmente meno, avrebbe dovuto essere considerata quantomeno in uno stato di particolare quiescenza, ovverosia sospesa fino al cessare delle misure contenitive dell’emergenza sanitaria; questo sulla scorta dei principi civilistici in materia di impossibilità parziale temporanea e sopravvenuta della prestazione, da leggersi unitamente all’art. 91 d.l. 17 marzo 2020, n. 18, il quale dispone: “All'articolo 3 del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla l. 5 marzo 2020, n. 13, dopo il comma 6, è inserito il seguente: «6-bis. Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell'esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all'applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti»”.
Come indicato nella relazione tematica n. 56 dell’8 luglio 2020 dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, l’impossibilità di utilizzare l’immobile locato non comporterebbe il venir meno dell’obbligazione di pagamento del canone da parte del conduttore, ma il debitore, onerato della prova che l’impedimento al pagamento sia strettamente e direttamente collegato all’ossequioso rispetto delle misure di contenimento, non potrà essere ritenuto responsabile per il ritardo/inadempimento e potrà, peraltro, domandare una riduzione del canone ai sensi dell’articolo 1464 c.c..
Da ciò deriverebbe l’impossibilità di convalidare lo sfratto intimato dal locatore per il mancato pagamento dei canoni di locazione relativi ai mesi di lockdown ovvero l’impossibilità di escutere la fideiussione a garanzia del pagamento dei predetti canoni.
Tuttavia, come precisa la Cassazione nella sopra citata relazione, non basterà invocare il lockdown per evitare lo sfratto o per ottenere la riduzione del canone, ma sarà onere del debitore/conduttore contestualizzare la chiusura/riduzione dell’attività e la richiesta di conseguente riduzione del canone di locazione nell’ambito dell’adempimento delle misure dettata della normativa emergenziale di prevenzione della diffusione della pandemia: in altre parole, se il conduttore è rimasto inerte e ha deciso di tenere chiusa la propria attività (magari anche oltre i mesi del lockdown), “non in ragione dell'osservanza di una misura di contenimento, bensì in forza di una percezione soggettiva, culminante nel timore per l'incolumità sua o dei suoi collaboratori, non potrà invocare a giustificazione del proprio inadempimento la causa straordinaria tratteggiata dal Legislatore emergenziale dell’assenza di responsabilità per il mancato pagamento del canone, non spettando al singolo debitore, semmai alla pubblica autorità, soppesare i rischi epidemiologici”; l’inadempimento non sarebbe in tal caso giustificato e costituirebbe, a tutti gli effetti, un inadempimento imputabile e giustificativo della risoluzione del contratto di locazione.
Insorte le prime controversie tra conduttori e locatori, la giurisprudenza di merito si è vista onerata a “riempire” il vuoto normativo, facendo propri gli argomenti sopra riportati.
Il Tribunale di Catania, chiamato a pronunciarsi sulla domanda del locatore di sfratto per morosità del proprio conduttore in ragione del mancato pagamento dei canoni da marzo a giugno 2020, con provvedimento del 30 luglio 2020 ha espressamente ritenuto che il rispetto delle misure di contenimento dell’epidemia da Covid-19 “incide nella valutazione della gravità dell’inadempimento del conduttore in relazione alla domanda di risoluzione del contratto”, concludendo per il rigetto della richiesta di immediato rilascio dell’immobile svolta dal locatore.
In altre parole, anche per il Tribunale di Catania l’impossibilità di godere dell’immobile locato a causa del rispetto delle misure di contenimento dell’epidemia da Covid 19 non fa venire meno l’obbligo di pagamento del canone di locazione (che quindi permane), ma preclude al locatore di ottenere la convalida dello sfratto e l’immediato rilascio dell’immobile.
La morosità dovrà quindi essere, in ogni caso, sanata, eventualmente con riduzione del dovuto ex art. 1464 c.c.; sul punto il Tribunale di Roma, richiamando il principio di buona fede contrattuale, con l’ordinanza del 27 agosto 2020 ha statuito che il canone di locazione per i mesi di lockdown potrà/dovrà essere ridotto quantomeno fino al cessare delle cause sopravvenute che hanno comportato lo squilibrio contrattuale (arrivando addirittura a determinarne l’entità: 70% per i mesi di lockdown e 20% per i mesi successivi fino a marzo 2021).
Allo stesso modo si è pronunciato il Tribunale di Venezia con l’ordinanza del 28 luglio 2020 con la quale il Giudice veneto, dopo aver negato lo sfratto per la morosità maturata nei tre mesi di lockdown (tenendo in considerazione anche la puntualità del pagamenti precedentemente effettuati e la volontà di proseguire il rapporto con ripresa del pagamento dei canoni per i mesi successivi) ha statuito che “nel giudizio di merito, almeno con riferimento al periodo da marzo a maggio, sarà necessario determinare l’an e il quantum della riduzione del canone di locazione (non appare in discussione la volontà di parte intimata di proseguire il rapporto)”
Si allegano: provvedimento del Tribunale di Catania del 30 luglio 2020; ordinanza Tribunale di Roma del 27 agosto 2020, ordinanza del Tribunale di Venezia del 28 luglio 2020 e la relazione n. 56 dell’Ufficio Massimario della Corte di Cassazione.