IL POTERE DISCIPLINARE DEL DATORE DI LAVORO - PRINCIPI E LIMITI

20.10.2022
a cura dell'avv. Linda Poletti

Introduzione

Il presente contributo si prefigge di delineare, sinteticamente, il potere disciplinare del datore di lavoro ovverosia la possibilità per quest’ultimo di infliggere sanzioni nei confronti dei lavoratori che non adempiono ai propri doveri e/o alle regole aziendali.

Il datore di lavoro e i suoi poteri

Il Legislatore definisce il contratto di lavoro definendo il lavoratore subordinato: ai sensi dell’articolo 2094 c.c. “È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore”.

Il datore di lavoro è dunque titolare del potere direttoriale che gli consente l’organizzazione delle risorse umane e materiali, utili al raggiungimento dello scopo aziendale; a tale potere corrisponde dunque una posizione di subordinazione del lavoratore rispetto a quest’ultimo.

Il titolare avrà interesse a che la prestazione lavorativa venga svolta secondo specifiche regole e, per garantire il corretto espletamento dell’attività lavorativa, dispone di alcuni poteri corollari che discendono direttamente dal potere direttoriale: il potere di vigilanza e controllo e il potere disciplinare, nonché sanzionatorio.

I presupposti del potere disciplinare

La potestà disciplinare, come detto, rappresenta la facoltà del datore di lavoro di comminare ed irrogare sanzioni al lavoratore subordinato che venga meno ai suoi doveri.

Nello specifico, l’articolo 2106 c.c. stabilisce che “L’inosservanza" dell’obbligo di diligenza e dell’obbligo di fedeltà previsti e disciplinati dagli artt. 2104 e 2105 c.c. “può dar luogo all'applicazione di sanzioni disciplinari”, con il limite della proporzionalità della sanzione alla gravità dell’infrazione.

Ma non solo.

Il potere disciplinare del datore di lavoro può trovare, altresì, applicazione nel caso di violazione da parte del prestatore di lavoro delle disposizioni impartite dal datore di lavoro e/o la violazione del codice disciplinare aziendale, se presente.

Lo Statuto dei Lavoratori e la contrattazione collettiva

Norma cardine in materia di sanzioni disciplinari è l’articolo 7 dello Statuto dei Lavoratori il quale, all’art. 7 individua le condotte sanzionabili e le sanzioni comminabili indicando espressamente l’iter della procedura disciplinare che il datore di lavoro deve rigorosamente rispettare.

Il Codice disciplinare aziendale deve essere affisso in un luogo accessibile a tutto il personale (generalmente la bacheca aziendale) e deve contenere precisa indicazione delle possibili infrazioni e sanzioni applicabili.

Qualora il regolamento non sia reso pubblico, il datore di lavoro non potrà procedere all’irrogazione di sanzioni.

Gli addebiti devono essere contestati per iscritto e al lavoratore devono essere concessi almeno 5 giorni per fornire giustificazioni sui fatti oggetto del disciplinare, le quali potranno essere formulate per iscritto o verbalmente a seguito di richiesta di audizione (anche con l’assistenza di un sindacato o di un avvocato).

Decorso il termine minimo previsto dalla norma, il datore di lavoro potrà, nel caso in cui decidesse di accogliere le giustificazioni formulate dal lavoratore, chiudere il procedimento, altrimenti potrà infliggere la sanzione tenendo conto della gravità degli addebiti contestati.

La normativa contenuta agli articoli 7 e seguenti dello Statuto dei Lavoratori può essere derogata dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro, ma solo in favor al lavoratore, consentendogli, ad esempio, un lasso temporale maggiore per fornire giustificazioni.

Se il datore di lavoro non rispetta i tempi massimi previsti per la comminazione della sanzione, tale comportamento rappresenta un tacito accoglimento delle giustificazioni fornite dal lavoratore con conseguente volontà di non voler proseguire con la procedura.

Il principio di proporzionalità

Nel determinare quale sanzione comminare, il datore di lavoro deve, come anticipato, attenersi al principio di proporzionalità considerando tutte le circostanze che oggettivamente hanno portato alla causazione dell’infrazione e la condotta posta in essere dal lavoratore.

Le sanzioni irrogabili si dividono in conservative (richiamo verbale, multa con trattenuta sul LUL, sospensione del servizio senza retribuzione) e, nei casi più gravi e complessi, espulsive (licenziamento).

Giova ricordare che, nel rapporto di lavoro, vi sono sempre due Parti: il datore di lavoro che ha interesse a raggiungere lo scopo aziendale e a veder realizzati i suoi progetti, e il lavoratore che presta la sua attività lavorativa non solo per conseguire la retribuzione ma anche per realizzazione professionale.

Il potere disciplinare aziendale non si applica (o non si dovrebbe applicare) al mero errore del lavoratore bensì all’inadempimento di quest’ultimo ai suoi doveri, un inadempimento volontario o il mancato rispetto di procedure aziendali ben note all’interno dell’impresa, disattenzione reiterata, comportamenti irrispettosi nei confronti del personale aziendale.

La sospensione cautelare

Si affianca alle sanzioni disciplinari, pur non essendo una sanzione in senso lato, la sospensione cautelare dal servizio che obbliga il lavoratore a non prestare attività lavorativa né a presentarsi sul luogo di lavoro (con diritto alla retribuzione piena per tutte le giornate di sospensione).

È una misura di carattere provvisorio e strumentale, volta all’allontanamento del lavoratore dalla sede aziendale e all’accertamento dei fatti relativi alla violazione dei suoi doveri.

Durante la sospensione cautelare, di durata non superiore a 10 giorni, il datore di lavoro avrà modo di espletare attività di indagine per verificare l’operato del dipendente e valutare il proseguo della procedura disciplinare.

Essa esaurisce i suoi effetti con la revoca o con l’adozione dei provvedimenti disciplinari.

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Alla luce di tutto quanto sopra sinteticamente esposto appare evidente la necessità per il datore di lavoro di affidarsi alla consulenza di professionisti in materia giuslavoristica onde meglio valutare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione di sanzioni disciplinari nonché per osservare il corretto iter procedurale posto che l’impugnazione delle sanzioni disciplinari, siano esse conservative o espulsive da parte del lavoratore può consistere in motivi di merito (insussistenza delle condotte contestate ad esempio) ovvero per motivi formali (mancato rispetto dei termini a difesa).