I Contratti di convivenza

18.10.2021
a cura dell'avv. Fabrizio Ciardi

La legge 20 maggio 2016 n. 76, rubricata “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze” all’art. 1, comma 36, prevede che “si intendono conviventi di fatto due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da unione civile”.

Il successivo comma 50 dell’art. 1 statuisce poi che “I conviventi di fatto possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza

Dal contratto di convivenza nascono dei veri e propri obblighi giuridici a carico delle parti che lo hanno sottoscritto. Ne consegue che la violazione degli obblighi assunti con il contratto di convivenza, oltre a poter essere causa di risoluzione, legittima l’altra parte a rivolgersi al giudice per ottenerne il rispetto (sopratutto per quanto concerne gli aspetti patrimoniali).

I Presupposti del contratto di convivenza

Per poter sottoscrivere un contratto di convivenza sono necessari due presupposti:

  1. la mancata celebrazione del matrimonio o la mancata costituzione di un’unione civile;
  2. la stabile comunione di vita: il Legislatore non si rivolge a qualsiasi tipo di rapporto tra due persone, ma alla sola unione di vita stabile tra due persone legate da affetto che decidono di vivere insieme al di fuori del legame matrimoniale. A tal proposito, si riporta una delle massime più rappresentative della Cassazione civile I sez n. 6855/2015 che così recita: “Ove tale convivenza assuma i connotati di stabilità e di continuità e i conviventi elaborino un progetto e un modello di vita in comune (analogo a quello che di regola caratterizza la famiglia fondata sul matrimonio), la mera convivenza si trasforma in una vera e propria famiglia di fatto”.

La forma del contratto di convivenza

Il contratto di convivenza, nonché le sue modifiche e la sua risoluzione, devono essere redatte in forma scritta, a pena di nullità dell’atto, con atto pubblico oppure con scrittura privata autenticata da un notaio o da un avvocato, i quali attestano che il contratto è conforme alle norme imperative e all’ordine pubblico.

Il Contenuto del contratto di convivenza

Secondo l’art. 1, comma 53, l. 76/2016, il contratto di convivenza può contenere:

  • l’indicazione della residenza comune dei conviventi;
  • le modalità di partecipazione alle spese comuni, e quindi la definizione degli obblighi di contribuzione reciproca dell’apporto di ciascun partner nelle spese comuni o nell’attività lavorativa domestica ed extradomestica (sono altresì ritenute ammissibili clausole volte alla regolamentazione dei rapporti patrimoniali inerenti il mantenimento, l’istruzione e l’educazione dei figli, posto che incombe su entrambi i genitori l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole);
  • i criteri di attribuzione della proprietà dei beni acquistati nel corso della convivenza (potendo addirittura definire un regime di comunione o separazione);
  • le modalità per la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza;
  • disposizioni inerenti la facoltà di assistenza reciproca, in tutti i casi di malattia fisica o psichica (o qualora la capacità di intendere e di volere di una delle parti risulti comunque compromessa), o la designazione reciproca ad amministratore di sostegno.

Non è possibile invece disciplinare attraverso il contratto di convivenza i rapporti successori, stante il divieto di patti successori. Pertanto, solo con il testamento si potranno inserire disposizioni a favore del convivente (istituirlo erede o, ad esempio, legatario del diritto di abitazione della abitazione di residenza) fermo restando il rispetto delle disposizioni in materia testamentaria dettate dal codice civile (ad esempio, la quota di legittima).

La nullità del contratto di convivenza

L’art. 1, comma 57, l. 76/2016 prevede che il contratto sia affetto da nullità insanabile nel caso in cui questo sia stato concluso:

  1. in presenza di un vincolo matrimoniale, di un’unione civile o di un altro contratto di convivenza;
  2. in violazione del comma 36 (per il quale si intendono per conviventi di fatto due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile);
  3. da persona minorenne;
  4. da persona giudizialmente interdetta;
  5. in caso di condanna ai sensi dell’art. 88 c.c. il quale prevede che “Non possono contrarre matrimonio tra loro le persone delle quali l’una è stata condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge. Se ebbe luogo soltanto rinvio a giudizio ovvero fu ordinata la cattura, si sospende la celebrazione del matrimonio fino a quando non è pronunziata sentenza di proscioglimento”.

La durata del contratto di convivenza

La durata del contratto di convivenza coincide con la durata del rapporto di convivenza. Tuttavia, alcuni accordi sono destinati a produrre i loro effetti proprio alla conclusione della convivenza, come ad esempio gli accordi che contengono le modalità per definire i reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza onde prevenire le tensioni derivanti dal particolare momento di crisi affrontato dalla coppia.

In tal caso, il contratto rimarrà efficace anche successivamente la conclusione della convivenza, per la fase della definizione dei rapporti patrimoniali mentre cesserà di produrre effetti con riferimento a tutti i restanti aspetti della convivenza.

La sospensione degli effetti del contratto di convivenza

L’art. 1, comma 58, l. 76/2016 statuisce che gli effetti del contratto di convivenza rimangono sospesi:

  1. in pendenza di un procedimento di interdizione giudiziale e fino alla pronuncia della sentenza con cui viene rigettata la domanda di interdizione
  2. nel caso di di rinvio a giudizio o di applicazione della misura cautelare per il delitto previsto dall’art. 88 c.c. e fino a che non è pronunciata sentenza di proscioglimento;

La risoluzione del contratto di convivenza

Il contratto di convivenza si risolve:

  1. per accordo tra le parti, ferma restando l’applicabilità delle disposizioni afferenti proprio la fine della convivenza;
  2. in caso di matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente e un’altra persona (art. 1, comma 62, l. 76/2016)
  3. per la morte di uno dei contraenti (art. 1, comma 63, l. 76/2016);
  4. In caso di recesso unilaterale (art. 1, comma 61, l. 76/2016).

In conclusione, da quanto sopra emerge che la redazione del del contratto di convivenza e luna attività che non può in alcun modo standardizzarsi, ma che deve essere studiata caso per caso nell’interesse della coppia, necessitando  dell'ausilio di un professionista (avvocato o notaio) non solo ai fini dell'autentica della scrittura privata, ma sopratutto onde meglio definirne il contenuto evitando errori formali che potrebbero invalidare le scelte dei conviventi.